PAOLO FILIPPI



PAOLO FILIPPI Poeta, musicista, pittore, scultore, non importa cosa purché sia arte. L’arte che nasce e cresce con Paolo Filippi; è nata con lui e con lui è cresciuta, ed egli vi si è cimentato nelle più svariate sfaccettature. Egli ama l’arte e non vuole o non può resistere ad ogni richiamo che essa gli porge e tuttavia si definisce operaio, artista ma operaio.
In effetti Filippi ha lavorato ( bisogna pur farlo per vivere ) come operaio metalmeccanico e ne è fiero. Sarebbe errato pensare che Paolo si sia limitato a fare l’operaio in modo pedestre e monotono, egli amava il suo lavoro e soprattutto amava il materiale col quale lavorava.
Chiunque guardi dei tubi, delle lamiere, delle molle, direbbe “ son tubi, e ferro lavorato “ , lui no! Sentiva il “profumo” del ferro e degli olii e in quegli scarti di lavorazione vedeva qualcosa di vivo ed allora assemblandoli ne tirava fuori i ritratti dei colleghi evidenziandone i difetti.
Ma era troppo poco. doveva fare altre cose e soprattutto in altro modo ed ecco nascere la sfida : troppo facile fare delle sculture in creta e poi affidarle ai fonditori per realizzare la scultura con colate più o meno elaborate! E qui la grande scelta: realizzare delle sculture iperrealiste con materiali assai più difficili da manipolare: il bronzo, l’acciaio inossidabile, il titanio o addirittura centinaia o migliaia di dadi, uno accanto all’altro tutti saldati assieme a formare corpi, come la “Donna al silicone” o parti del tutto, come in altre sculture ad esempio “Omaggio a De Chirico”.
Ciò che più incanta è che queste opere non sono statiche ma hanno una loro vitalità, un movimento tale da far credere che il “Mago Filippi” ad un certo punto tiri fuori la bacchetta magica e tutte le sue creature prendano, come per incanto, vita, il “Toro”, il “Rinoceronte”, “L’armadillo” e soprattutto strano ma vero “La pattinatrice”,
Sono solo due lunghe gambe con i pattini ai piedi, ma guardandole par di vederne anche il corpo, il viso, una fluente capigliatura al vento, tale è il movimento impresso a quelle gambe!
Che dire poi dell’ultima sua opera che egli ha voluto intitolare “Libertà” una Harley Davidson imponente nella sua massività a cavallo della quale sta un altrettanto imponente centauro massiccio e prepotente. La moto è eseguita con migliaia di dadi saldati tra loro e per quanto concerne il centauro eseguito pezzo per pezzo e poi assemblando il tutto: il cappello di acciaio inossidabile, il giubbotto, i pantaloni, gli scarponcelli, non sono di cuoio come può sembrare guardandoli, tale è la morbidezza delle pieghe, ma di bronzo. Il tutto è rifinito e curato nei minimi particolari, fino a mettergli sul naso gli occhiali, all’orecchio l’orecchino, ai polsi orologio e bracciale, alle dita vistosi anelli.
Non si può dimenticare di menzionare il “cappotto”eseguito in titanio, ma attenzione! Non è una lamina di titanio presa e modellata fino a formare un’elegante redengotte col collo sollevato, Filippi ha preso la lamina, l’ha tagliata in tanti piccoli quadratini e dopo averli modellati li ha saldati uno accanto all’altro fino a formare il “cappotto” cosi da far rimanere a bocca aperta chi lo guarda.
La più grossa sfida che si possa lanciare a Filippi è :- “ Questo è troppo difficile, è impossibile farlo!” allora si può vedere il suo volto divenire serio e tirato, i suoi occhi fissano un punto, e par di sentire il bip bip del suo cervello computer! Egli è già lì che elabora e già vede la sua nuova opera compiuta. Alla prossima Paolo!

Letizia Biagini

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