GIULIO DA VICCHIO
GIULIO RONTINI DA VICCHIO (1925-2004)
Giulio Rontini nasce a Vicchio di Mugello (Firenze), il 16 dicembre del 1925. Figlio di Ferruccio Rontini, trova in suo padre, suo unico maestro, un punto di riferimento assoluto per la carriera artistica che egli stesso intraprenderà ufficialmente dal 1944. Il rapporto con il padre fu da sempre molto stretto, ancor prima del periodo formativo, quando il giovanissimo Giulio allora tredicenne accompagnava il maestro a dipingere all’aperto. Il primo periodo di studio dal vero fu svolto nelle campagne mugellane dove Giulio entrò in contatto con un’ atmosfera semplice e piena di umanità, ma anche lungo la costa Labronica ed in darsena a contatto con i pescatori. Il periodo formativo di Da Vicchio non si limita “al vero” ma si sviluppa anche in studio. Giulio eseguì molti dipinti di notevoli dimensioni in quel periodo, si trattava di vallate, di greggi, mercato o anche di marine e scogliere, tutti dipinti tecnicamente ottimi nei quali però, suo malgrado, era evidente la naturale influenza del maestro, fino a quando nel 1948 dipinge l’opera “Nell’intimità dello studio di mio padre”; da “quel dipinto” in poi si evidenziò maggiormente nella tecnica del giovane Da Vicchio un cambiamento stilistico, un carattere più originale, un tratto pittorico del tutto personale capace di distinguersi a poco a poco definitivamente da suo padre.
Tuttavia nei primi anni ’50 non sarà facile per lui ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nella compagine artistica livornese che si dimostra, a suo avviso, un po’ diffidente nei suoi confronti e per questo motivo decide di affrontare un’esperienza all’estero. Si reca prima in Danimarca poi in Olanda, ottenendo notevoli successi di critica e di pubblico ma presto deciderà di rientrare in Italia sempre più convinto che il suo posto sia lì. Nel 1953 partecipa al 1° Premio “ex tempore” (oggi Premio Rotonda), organizzato da Mario Brogiotti nella Rotonda di Ardenza.
Nel 1954, convinto dell’importanza del contatto diretto con la clientela Giulio decide di aprire insieme al padre, il cosiddetto “studio di città” situato in Via Mayer nei pressi di P.za Cavour
Nel 1956 , inaspettatamente Giulio si ritroverà a vivere un’esperienza nuova che condizionerà piacevolmente la sua vita artistica ed privata. Grazie ad una fortunata casualità soggiornerà otto mesi in Sicilia terra che con la sua passionalità, con i suoi colori, catturò letteralmente la sua anima. Come lui stesso afferma, fu semplicemente fulminato da quell’atmosfera piena, ricca di mistero e con tantissime cose da scoprire. Toscano, mugellano si trovò all’improvviso a partecipare la vita di tanta gente condannata da un pesante ed inesorabile destino, come lui stesso afferma. La “lezione siciliana” portò l’artista a rileggere argomenti gia trattati: i contadini ed i pescatori toscani divennero “fratelli” di quelli siciliani e le figure divennero scultoree, fuse nei loro gesti. Alla fine del 1956 si trasferisce con la moglie definitivamente a Livorno in Via Mangini e inizia così una nuova fase della sua vita accanto ad una donna forte che lo amerà profondamente e lo sosterrà nel bene e nel male durante tutta la sua carriera artistica e che gli darà la gioia di diventare padre di due figli. Nel 1961, invitato dal maestro Gino Romiti, entro a far parte del Gruppo Labronico; alla fine degli anni ottanta diventa Vice Presidente sotto Alberto Zampieri raggiungendo la prestigiosa carica di Presidente nel 1991, che abbandonerà però dopo appena due anni per incomprensioni nate in seno al comitato direttivo. Dal 1957 fino al 1973 presentò le sue opere in mostre personali e collettive nelle città di Catania, Piacenza, Parma, Cremona, Massa Carrara, Pisa, Sanremo, Milano, Toronto (Canada) e Parigi, ma viste le numerose richieste commerciali decise, negli anni successivi, di dedicarsi principalmente alla pittura e alla cura dei suoi clienti piuttosto che alle mostre; così per un lungo periodo si ritira a lavorare intensamente nel suo studio livornese. In questi anni porterà avanti le sue tematiche più care spaziando dalle prospettive aeree dei paesaggi mugellani, alle scene colorate dei mercati vicchiesi, dai pescatori sulla banchina del porto, agli uomini ed ai vicoli sperduti siciliani dimostrando che la sua capacità espressiva non è solo abilità descrittiva ma piuttosto bravura nell’indagine interiore dei valori umani e sociali di ogni suo personaggio preso in esame Artista introspettivo e di grande sentimentalismo dunque ritrae “spaccati” di realtà ormai perdute quando esegue i mercati di paese, il lavoro duro nei campi o quando ritrae scene di pescatori che riparano le reti, piuttosto che assolati paesaggi siciliani nei quali “il silenzio” assume un fascino del tutto particolare. Nasce come paesista e torna al paesaggio anche al termine della sua vita artistica con poetici dipinti che tanto fanno pensare, tanto fanno sognare, anche se l’oggetto di indagine di da Vicchio fondamentalmente resta “la figura umana”.
Il maestro Giulio da Vicchio ci ha lasciati in un giorno di autunno del 2004.
Alessandra Rontini