BIAGIO CHIESI
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Biagio Chiesi nasce a Tripoli (Libia) il 18 marzo 1954. Livornese di adozione, fin da piccolo ha la passione per il disegno ed il colore. Approda a Livorno nel 1970 e subito scopre la pittura ad olio e si appassiona alla pittura tradizionale. Nel 1976 ha la fortuna di conoscere l’indimenticabile maestro Masaniello Luschi, fondamentale per la sua formazione pittorica. Ha viaggiato molto, sia in Italia che all’estero, soprattutto in Francia, ed ama dipingere “en plein air”. Ha frequentato la libera accademia del nudo alla scuola di Carrara e continua a studiare il corpo umano presso una scuola libera del nudo a Pietrasanta.
Ha all’attivo numerose mostre personali e collettive e si è aggiudicato un considerevole numero di premi.
Recentemente è risultato vincitore del primo premio del pubblico Premio città di Livorno Mario Borgiotti Rotonda di Ardenza 2011.
Fa parte del gruppo Toscana Arte Giovanni March in qualità di consigliere.
“ […] Un pittore, il Chiesi, di tattili atmosfere, tradotte con l'alternarsi di puntuali visioni del soggetto a stesure di filtri di luce avvolgenti il tutto, più silenti. Uno stile quello del Chiesi fatto di ricerca di atmosfere paesaggistiche, sinceramente sentite attraverso il carattere dei suoi cromatismi, che riflettono il bisogno profondo del suo poter esprimersi al meglio […]” .
Umberto Falchini
“ […] Il Chiesi è stimolato dal presente e proiettato nel futuro: un' evidente anticipazione, considerando certi suoi paesaggi e certe sue scogliere en-plain air d’impronta informale. Ma la chiave di lettura è più ampia: siamo davanti a quadri dove c’è ben oltre al visivo. L’atmosfera rarefatta, onirica, onora la sua sensibilità e lo completa come artista e come uomo, in un avvenire di allargato interesse a livello nazionale e internazionale […]” .
Luciana Fabbrini Pasquini
“ […] La delicatezza e la forza sono qualità che talora coesistono nella solita persona: i dipinti di Biagio Chiesi ne sono una conferma. Dipinge tramonti rosati, mattini caliginosi, grandi vallate toscane con cipressi e colline. E’ questo il Chiesi delicato nella sua versione “ pastello “ è proprio con questi suoi caratteristici colori che Biagio interpreta la tradizione macchiaiola e rende personale inconfondibile la sua versione. Altre volte la pittura si fa quasi violenta […]” .
C. Cerrai
“ […] Pittore saldamente vincolato al vero, in molte opere penetra tutta via in oniriche atmosfere, affrontate con una tavolozza ben riconoscibile e sempre controllata, con pennellate sicure; è in ogni opera una attenta ricerca di sintesi, un desiderio di eliminare tutto ciò che è superfluo.
Da segnalare anche lo studio attento della luce e l’evidente amore per la natura tanto amata dai suoi maestri spirituali Macchiaioli e post-Macchiaioli […]” .
Luciano Bonetti
“ […] E’ per questo motivo che io voglio dire al caro amico Chiesi di continuare ad interpretare se stesso davanti alle sue spiagge, di offrire agli altri le sue solitudini che dipinge nascosto tra le piccole dune del Calambrone o nelle piatte e bianche sabbie di Vada. Qui c’è il mondo e la storia che da secoli la risacca delle onde ne rimanda a terra i resti, i detriti consumati dai moti del mare […]” .
E. Mussi
“[…] Evidenti in Chiesi i richiami alla pittura “en plain air” e realista della scuola dei Macchiaioli che lo influenzano fin dagli esordi; usa una tecnica mista basata sulla divisione del colore grazie alla quale riesce a riprodurre sulla tavola effetti climatici ben precisi.
L’animo romantico e poetico dell’artista è parte integrante dei suoi paesaggi, che incantano e trasportano l’osservatore verso un’atmosfera onirica e sognante […]” .
Chiara Di Cesare
“ […] Biagio sceglie le cose del mondo, della vita, quelle cose che gli stanno attorno e alle quali è affezionato e ne ha una incondizionata cura, poiché sono quegli oggetti o atmosfere o paesaggi o piccole cose che stanno dentro di lui.
Sono quei soggetti uniti profondamente agli affetti di una vita, e che resteranno tali anche per il futuro. Sono la cose che rimandano alle emozioni di un’esperienza che Biagio ha vissuto e che vive e ora rivolge al mondo.
Grazie al quadro, l’immagine-vissuto si dà, si esplica quindi è donata all’altro […]” .
G. Giunghiglia