GIANFRANCO POGNI
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“Se si accetta il fatto che il postmodernismo semplicemente ha esaurito l’esclusività dell’arte non narrativa in quanto unico veicolo di significato artistico allora l’accostamento alla palese inattualità del dettato figurale di Gian Franco Pogni assume sempre più i contorni di una lettura tanto paziente quanto intrigante. […] Assaporata la pratica del vero Gian Franco Pogni, a cavallo tra gli anni cinquanta - sessanta, subisce l’influenza dell’espressionismo e della pittura post – morandiana fino al momento, in cui abbandona il colore, che riprenderà in seguito. Nel 1963 – 64 i suoi quadri virano tendenzialmente all’astratto, ma il pittore sente venir meno l’anima delle sue tele. Il labirinto discreto di sensazioni intrise di discrete contraddizioni del sentimento anela un percorso determinato, che non teme la continuità rintracciabile nel rigore di una fedeltà all’immagine, che nell’artista ha trovato, nel tempo, diverse soluzioni espressive e stilistiche.
Nonostante tragga ispirazione dal laboratorio della vita quotidiana Gian Franco Pogni, stabilisce uno stretto rapporto tra realtà e fantasia nella sua pittura realizzata per trasparenze, percorrendo con la magica abilità di un funambolo un filo sottilissimo senza incorrere nelle insidie di ormai sterili cliché, grazie ad una narrazione, che ha saputo far tesoro anche di quella pratica dell’arte di denuncia sociale vissuta in esposizioni fondamentali tra cui troviamo la celebre mostra itinerante “L’immagine critica in Toscana” del 1976. Negli ultimi anni, come egli stesso afferma in una nota sul suo lavoro, pubblicata nel catalogo GIAN FRANCO POGNI a cura di Gian Piero Rabuffi, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera – 2001, “le similitudini dei reperti figurativi divengono fecondo supporto per le astrazioni della memoria, espresse nel complesso compositivo o nel particolare grafico – materico e plastico. Tutto questo, pur assumendo un verbo visivo carico di simbologie, che emergono da un disagio sociale ed esistenziale, cui, a volte, si contrappongono con effetto d’urto, si svolge in quanto percorso tra realtà e ambiguità dell’immaginario, nel suo divenire… pittura”. Il racconto nell’opera di Pogni si declina, quindi, tra gli oggetti, che egli inserisce nel quadro secondo una prestigiosa architettura esigendo, così, nella sua figurazione quelle armonie di linee e di spazi, che talvolta l’astrattismo ha rischiato di inflazionare. Nel suo linguaggio raccolto, privo di ostentazioni c’è una rara, sottintesa energia, plastica e poetica insieme. Da qui si sprigiona il fascino della pittura di Gian Franco Pogni, un pittore solitario e singolare, pienamente convinto che a chiunque pratichi seriamente l’arte spetta di trovare la propria strada in essa, così come ogni persona trova la propria strada nella vita”.
Silvia Fierabracci